Categoria : Alimentazione Blog
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Il diario alimentare, consigliato da dietisti e nutrizionisti per perdere peso, è un ottimo strumento per acquisire consapevolezza su quello che mangiamo. Tenere registrato ciò che introduciamo nell’arco della giornata può chiarirci le idee sulle cause del nostro aumento o sulle difficoltà nel perdere peso attraverso una visione più realistica di ciò che effettivamente mangiamo, sia nei pasti principali che negli spuntini.
“Non mi sembra di mangiare tanto, eppure tendo ad ingrassare”.
Non è sempre facile capire dove si sbaglia, quali sono quegli alimenti che ci forniscono più calorie rispetto le calorie che il nostro corpo richiede. Questo succede perché spesso si mangia in velocità, pasti e spuntini veloci ci possono portare a mangiare cose sbagliate magari senza pensarci. Fare un bilancio di ciò che si è consumato nella giornata si rileva difficoltoso.
Annotare ciò che realmente si mangia nella giornata, scrivendolo in tempo reale immediatamente dopo aver introdotto il cibo, si è dimostrato un metodo efficace per perdere peso e mantenersi in forma.
Ora, qualità e quantità sono le informazioni di base da scrivere sul proprio diario alimentare. L’ora ci permette di riflettere su quanto tempo lasciamo passare tra un pasto e l’altro e se ad esempio quei fuori pasto sono necessari per soddisfare la fame reale, quella gastrica.
Un’altra informazione utile da annotare è la fame con cui si arriva ai pasti e la sazietà che quel cibo introdotto ci ha fornito. Potremo constatare che se si arriva ai pasti principali troppo affamati sarà più facile spizzicare (quel pezzo di pane che mangiamo davanti ai fornelli quando cuciniamo) oppure mangiare troppo, magari in fretta e con voracità e provare un’eccessiva pienezza.
Le emozioni che accompagnano il momento del pasto saranno utili informazioni per costruire una corretta conoscenza del proprio rapporto col cibo. Indicano il nostro stato emotivo nei momenti precedenti, concomitanti e successivi al pasto e allo spuntino e ci permettono di mettere in luce la relazione esistente tra ciò che mangiamo e ciò che sentiamo e pensiamo. Come mi sento? Sono nervoso, stanco, annoiato, frustrato, infastidito o distratto da determinati pensieri.
Il diario alimentare non va interpretato come un semplice resoconto da fare alla dietista, vissuto in modo disinteressato, addirittura come un controllo punitivo o uno sterile elenco di cibi mangiati, scritti di fretta, magari ogni 2 giorni, o solo prima di andare alla visita di controllo.
Attraverso il diario riusciremo a creare un sistema di feedback personale, lo specchio di ciò che mangiamo realmente e delle abilità che mettiamo in campo per raggiungere i nostri obiettivi. Ci permette di riflettere su ciò che ci accade mangiando, ci dà gli strumenti per valutare da diversi punti di vista i vari comportamenti alimentari sollevandoci da possibili sensi di colpa legati alle restrizioni o agli eccessi.
Per concludere, il diario alimentare permette di aumentare la nostra creatività nell’organizzare la spesa e nel preparare i pasti perché mette in luce la nostra abitudinarietà inducendoci ad aumentare la varietà di cibi introdotti ed il range di sapori sperimentati.
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Cristina mi racconta “So riconoscere la fame, quella che sento all’ora dei pasti e che mi porta a mangiare cose sane e so distinguerla dalla voglia di mangiare soltanto dolci o schifezze che mi compare quando sono arrabbiata, frustrata o semplicemente annoiata. In questi casi se faccio tanto a cedere al mio desiderio di mangiare poi non riesco più ad impedire che diventi un abbuffata.
Tante persone sono accomunate da simili pensieri e comportamenti, la loro capacità di percepire la pienezza dello stomaco non è sufficiente perché ciò che scatena l’abbuffata, cioè l’assunzione incontrollata di grandi quantità di cibo, è la parte emotiva. Sono infatti emozioni come la rabbia, la tensione, la solitudine, la noia, la frustrazione a portare a non ascoltare assolutamente la nostra parte razionale che dovrebbe intervenire per avvisare che lo stomaco è già sufficientemente pieno.
A volte le abbuffate sono la conseguenza di diete rigide, di regole imposte così difficili da seguire che, soprattutto nei perfezionisti, qualsiasi deviazione al piano alimentare viene considerata una catastrofe e nel momento in cui cedono all’impulso di mangiare, subentrano i sensi di colpa. Di solito i sensi di colpa e la rabbia verso se stessi inducono ad imporsi sacrifici estremi per i giorni successivi (tipo “Domani starò a digiuno…”). Questa punizione creerà un circolo vizioso e garantirà un abbuffata peggiore prima della fine della settimana.
La prima cosa da fare è analizzare la catena di eventi che porta ad un abbuffata ed imparare a spezzare l’anello della catena prima ancora che inizi l’abbuffata stessa. La consapevolezza che la chiave delle abbuffate sono i sentimenti, le emozioni e mai la fame sarà la cura per affrontare direttamente il problema ed evitare di seppellirlo nel cibo.
Quando ci si rende conto che l’abbuffata è in vista ci si può chiedere:
“Cosa provo veramente in questo momento? Che nome posso dare all’emozione che sento?
Sono stanca?… Riposo.
Sono arrabbiata?… Mi sfogo con qualcuno.
Sono annoiata?… Trovo qualcosa di interessante da fare”.
“Oltre al cibo cosa mi aiuterà a sentirmi meglio?”.
Esistono anche molle razionali, oltre alle molle emotive di cui ho parlato, quei messaggi che forse da anni creiamo con rassegnazione quasi come fosse una giustificazione: “Sono il tipo che non riesce a resistere al cioccolato”, “Era destino che fossi grassa, lo sono anche i miei genitori”, “Devo per forza tenere una scorta di dolci per gli ospiti”. Questi pensieri possono essere sostituiti dalle riflessioni: “I geni possono causare una predisposizione all’obesità ma non costringono nessuno a essere grasso” e ancora: “Posso comprare i dolci per gli ospiti il giorno stesso e congelare quelli che mi avanzano”.
Per concludere: per evitare l’ingestione compulsiva di cibo è necessario chiedersi “Cosa intendo ottenere mangiando?”. Solo attraverso la comprensione di ciò che porta il desiderio di mangiare sarà possibile interrompere il ciclo e controllare la voglia di mangiare anzichè esserne controllati.
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Tra le verdure di marzo – in attesa dei tanto amati asparagi che arriveranno tra qualche settimana – ho trovato al mercato degli ottimi spinaci freschi. Caratterizzati da un sapore metallico e leggermente amaro, gli spinaci sono disponibili tutto l’anno ma proprio in questo periodo è possibile acquistarne di freschissimi e di tante varietà.
Gli spinaci sono noti per le proprie qualità nutrizionali tra cui elevati livelli di calcio e ferro, non tutti sanno però che la presenza di acido ossalico che funge da legante tra i 2 minerali fa sì che i medesimi non possano essere assorbiti dal nostro organismo. Per questa ragione, sono ben altri gli elementi di cui il nostro corpo può beneficiare, per esempio magnesio, potassio, fosforo, rame, e l’acido folico (importante per le donne in gravidanza).
La figura di Braccio di Ferro che divora spinaci diventando sempre più forte è quindi da sfatare. Le lenticchie, per esempio, contengono molto più ferro degli spinaci (9 milligrammi /100 grammi), lo stesso si può dire della carne rossa il cui ferro è ancora più facilmente assimilabile. Un anemico quindi dovrebbe orientarsi maggiormente su questi 2 prodotti piuttosto che consumare spinaci in quantità. Nonostante tutto, condendo gli spinaci con succo di limone ricco di vitamina C, l’ostacolo descritto sopra può essere parzialmente aggirato poiché la vitamina facilita l’assorbimento del ferro altrimenti perduto.
Quando si acquistano gli spinaci è necessario accertarsi che il verde della foglia sia uniforme e non presenti parti scure o ingiallite. Una volta diviso il gambo dalle foglie, la fase di lavaggio del prodotto è un po’ più complicata rispetto ad altri ortaggi in quanto la foglia ha la tendenza a trattenere parte della terra che solo più risciacqui consecutivi possono eliminare. E’ invece sconsigliato lasciare la foglia in ammollo perché questo significa perdere parte degli elementi più importanti contenuti nel prodotto a livello di metalli e vitamina A.
Se particolarmente freschi, possono essere consumati crudi, magari per guarnire insalate arricchite con noci e parmigiano oppure con qualche fetta d’arancia, il tutto condito con sale, pepe ed olio extravergine d’oliva.
Se invece si desidera cuocerli, è consigliato cuocere gli spinaci in poca acqua in quanto tendono a rilasciarne abbondanti quantitativi.
Tra le ricette più appetitose segnalo la PARMIGIANA DI SPINACI, ottimo piatto unico::
1 – Dopo averli lavati accuratamente, scottare gli spinaci in acqua bollente per alcuni istanti, scolarli e strizzarli bene
2 – Condire gli spinaci con un filo d’olio, un pizzico di sale e un paio di cucchiai di parmigiano. Metterli ben distesi in una teglia da forno.
3 – Distribuire sulla superficie un sugo di pomodoro precedentemente insaporito a piacere, ad esempio con aglio o un trito di cipolla, e finire con mozzarella tagliata a dadini (può essere la quantità che avete deciso di consumare in un pasto).
4 – Passare in forno ben caldo per 4/5 minuti affinché la mozzarella si sciolga.
5 – Lasciate riposare per alcuni minuti e gustare questo piatto unico, gustoso e leggero.
Buon appetito!
La capacità di essere consapevoli di ciò che facciamo e delle nostre azioni – detta anche mindfulness – è una qualità già presente in noi anche se il più della volte rimane assopita. E’ possibile coltivare la mindfulness sia per quanto riguarda il cibo ed il nostro rapporto con il mangiare sia per la vita in generale. Uno dei concetti fondamentali per coltivare questa abilità è rallentare, soprattutto nel modo in cui ci nutriamo.
Spesso ingurgitiamo troppo velocemente, cerchiamo di finire il cibo il prima possibile, abbiamo quasi una propensione a divorare il piatto e muoverci verso la prossima attività. Mangiare in piedi, mentre si cammina o si guida la macchina sono attività sempre più comuni, il pasto perde quindi la sua cerimonialità fondamentale, non è più un momento di piacere.
Mangiare più lentamente presenta grandi vantaggi. Innanzitutto la bocca ama masticare, e quando mastichiamo correttamente le concediamo di fare “il suo lavoro” correttamente. Immaginate di prendere un piatto di pasta asciutta e di frullarlo e berlo da una cannuccia. Il risultato a livello nutrizionale sarebbe praticamente lo stesso, mentre il piacere molto meno. L’esempio è estremo ma rende bene l’idea di cosa significhi prendersi il proprio tempo per assaporare e degustare gli alimenti al contrario di introdurli distrattamente.
Consumare cibo con più calma inoltre favorisce la digestione perché il processo di elaborazione del pasto inizia proprio dalla bocca e dagli enzimi della saliva che attaccano il cibo trasformandolo in bolo alimentare.
Mangiare prendendosi il proprio tempo significa provare più soddisfazione una volta che si è sazi. Il senso di sazietà è a sua volta influenzato dai nutrienti assorbiti dal sangue che solo un’assunzione di cibo “slow” può veramente procurare. Sminuzzando meglio il cibo, quando avverrà il passaggio dallo stomaco all’intestino tenue, gli ormoni dell’appetito (colecistochinina, insulina e glucagone) comunicheranno al cervello ed al corpo: “siamo sazi, basta così”.
Ci vogliono circa 20 minuti affinché questo feedback biologico arrivi al cervello. E’ quindi perfettamente sensato mangiare lentamente in modo da permettere ai segnali fisiologici del corpo di raggiungere i centri dove informazioni quali “stop” piuttosto che “continua a mangiare” vengono processati.
Se mangiamo troppo velocemente, introduciamo troppo cibo prima che il segnale di sazietà possa arrivare e in questo modo non smettiamo di mangiare fino a quando non ci sentiamo fisicamente a disagio. Il corpo è progettato per mangiare lentamente e non esiste dieta che possa funzionare al 100% se questo principio non è compreso a fondo: mangiare con calma e premura per il piacere di farlo, per il raggiungimento del piacere stesso che porta sazietà, non sazietà senza piacere che spessissimo significa già eccesso.
Ma nella pratica, come facciamo a rallentare mentre mangiamo e beviamo? Ecco alcuni metodi per aiutarvi ad introdurre cibo e liquidi al “ritmo” giusto:
1) Fate una pausa prima di iniziare il pasto guardando ogni elemento nel vostro piatto, quasi mangiandolo con gli occhi. Notate i colori, la consistenza e la forma delle pietanze servite.
2) Prima del pasto godetevi con il naso il profumo del cibo, immaginate di nutrirvi semplicemente attraverso l’odore
3) Mangiate come fa un sommelier quando assaggia il vino. Annusate poi assaporate un piccolo boccone, fatelo girare in bocca e chiedetevi quali ingredienti potete individuare. Masticatelo bene ed ingoiate, poi bevete un sorso d’acqua per pulire il palato. Quando la bocca è vuota e non resta alcun sapore, ripetete il processo.
4) Se vi accorgete di mangiare senza sentire il gusto del cibo, premete il tasto “pausa” e osservate di nuovo il cibo con gli occhi.
Applicando questi consigli in modo metodico sarà possibile raggiungere un vero senso di sazietà, mangiando quantità inferiori di cibo e gustando di più ciò che passa attraverso il palato. Iniziate oggi, noterete da subito un positivo cambiamento nell’atto di mangiare, digerire e soprattutto provare piacere nel nutrirsi.
Tratto da Jan Chozen Bays, Mindful Eating, Enrico Damiani Editore, pp. 146-154
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