La sindrome di Google
La sindrome di Google esiste davvero? Certo che no! Ma esiste un uso smodato dei motori di ricerca per trovare informazioni relative al proprio stato di salute che porta spesso ad una tale preoccupazione, da sfociare in una percezione di reale patologia. Circa il 60% degli utenti di Internet cerca informazioni sulla salute nella rete e quando queste informazioni sono formulate in modo sensazionalistico gli utenti tendono a farsi prendere dal panico anziché cercare spiegazioni razionali ai propri disturbi.
Si parla di “cybercondria”, termine che indica ciò che succede quando a seguito di disturbi generici, si cercano su Google i propri sintomi e li si identifica con una malattia, sentendosi addirittura veramente ammalati. Questa paura colpisce soprattutto chi non sopporta l’indecisione della diagnosi e sfocia nel cosiddetto effetto nocebo (contrario dell’effetto placebo): a seguito di aspettative negative compaiono proprio i disturbi temuti, ci si può quindi ammalare anche semplicemente a causa della propria preoccupazione, entrando in un circolo vizioso in cui paure e disturbi si rafforzano a vicenda.
Tra le paure più diffuse c’è quella che alcuni cibi facciano male. Molti sono convinti di essere INTOLLERANTI ad alcuni alimenti solo in base a informazioni ottenute inserendo nei motori di ricerca “dolori addominali”. C’è da notare che proprio per le intolleranze i sintomi sono così generici che chiunque ci si può riconoscere: brontolii di pancia, spossatezza e meteorismo sono sintomi che anche le persone sane possono accusare. Ecco che allora compare sulla tavola il nostro peggioro nemico: il grano e in particolar modo il glutine in esso contenuto. Alcuni studi hanno provato che la paura del glutine è sufficiente a provocare disturbi reali. D’altra parte, una dieta priva di glutine, in assenza di una diagnosi accurata, oltre ad essere inutile, può creare carenze di oligoelementi e vitamine.
Ricordate le diete per dimagrire che circolavano in rete un po’ di tempo fa basare sulle intolleranze alimentari? Erano diete ad esclusione, spesso così rigide e restrittive che molti non resistevano a lungo e dopo un dimagrimento iniziale si assisteva non solo al recupero del peso perso ma anche al consolidarsi della convinzione che quegli alimenti facessero veramente ingrassare, creando circoli viziosi con alternanza di restrizioni e abbuffate. L’aumento di peso in realtà era dovuto allo stress causato all’organismo dall’eccessiva restrizione e alla successiva introduzione di una quantità di alimenti superiore al fabbisogno.
In conclusione: evitiamo di affidarci al Dottor Google ma rivolgiamoci a professionisti seri in carne ed ossa sia per problemi di salute che per migliorare la nostra alimentazione.
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